I sogni nell’Antica Roma

Gli antichi romani ebbero in un primo tempo molta considerazione per i sogni; credevano che fossero i mezzi tramite cui gli dèi facevano arrivare agli uomini i loro messaggi. Tuttavia, come era successo in Grecia, ad un certo punto la fede nei sogni cominciò a declinare; le classi più colte smisero di credere nell’oniromanzia: la consideravano una superstizione, una credenza popolare; ma sotto sotto un po’ ci credevano ancora, anche se non lo volevano ammettere.

 La religione ufficiale romana  contemplava essenzialmente due forme di divinazione:

  • l’aruspicina (guardare le viscere degli animali offerti in sacrificio).
  • l’ornitomanzia (osservare il volo degli uccelli).

 L’oniromanzia invece non faceva parte della religione ufficiale; era associata a pratiche magiche popolari, come la consultazione degli oroscopi. 

Ciò non impedì a molti imperatori, condottieri e uomini di cultura di ricorrere agli interpreti di sogni. Già l’aveva fatto Alessandro Magno, che aveva sempre accanto a sé il suo indovino personale, Aristandro. I Romani, a ben vedere, hanno sempre avuto fama di essere un popolo superstizioso. 

L’imperatore Augusto pare fosse particolarmente sensibile ai sogni; sarà forse perché, a quanto racconta Svetonio, sua madre Azia ebbe sogni premonitori sull’origine divina del figlio? Fatto sta che Augusto teneva conto non solo dei suoi sogni ma anche di quelli di altri, se lo riguardavano. Aveva anche promulgato una legge secondo cui chiunque avesse fatto un sogno premonitore doveva condividerlo sulla pubblica piazza. Sarebbe stata ispirata proprio da un sogno la sua abitudine, una volta l’anno, di travestirsi da mendicante per chiedere l’elemosina.

Anche l’imperatore Marco Aurelio affermò di aver ricevuto tanti aiuti per mezzo dei sogni. 

Un sogno premonitore assai celebre è quello che fece Calpurnia, moglie di Giulio Cesare, proprio la notte prima che il marito fosse assassinato nella congiura delle Idi di Marzo.
È Plutarco che riferisce questo episodio.
Plutarco, nelle sue narrazioni sulle biografie di uomini illustri dà molto spazio ai sogni, che spesso anticipano gli eventi futuri. Fatti e sogni sembrano avere per lui la stessa rilevanza. È come se i drammi della vita si svolgessero in più di una realtà. 

Divinità dei sogni nella mitologia romana

Ovidio riprende le descrizioni dei sogni (Oneiroi) della mitologia greca e le arricchisce di nuovi particolari; per gli antichi Greci i sogni sono ‘fratelli del Sonno e i figli della Notte (o della Terra)’; Ovidio dice che sono non i fratelli, ma i figli del Sonno, e gli dà un nome e un’identità più precisa.
Ovidio ne parla nell’ XI libro delle Metamorfosi, dove racconta la storia di Alcione e Ceice, suo marito, che muore in mare. Ceice non sa che il marito è morto e lo aspetta sempre, pregando Giunone per il suo ritorno. Giunone si stanca di essere pregata per un morto, così decide di farle sapere la verità tramite un sogno. Perciò manda Iris, la messaggera degli dèi, da Sonno, perché invii il sogno ad Alcione. Sonno ha tre figli che si occupano di creare i sogni, ognuno specializzato in una particolare mansione: 

  • Morfeo (‘Morpheus’) è in grado di prendere le sembianze di qualunque persona.
  • Fobetore (‘Phobetor’, ‘lo spaventoso’, a volte detto anche Icelo) sa trasformarsi in ogni tipo di animale o mostro. 
  • Fantaso (‘Phantasós’, ‘l’apparizione’) si occupa di rappresentare le cose inanimate; lui crea anche i paesaggi e lo scenario del sogno. 

Sonno sceglie Morfeo e lo invia da Alcione; Morfeo le appare in sogno con le sembianze del marito Ceice, e le narra di come la sua nave sia naufragata; Ceice a quel punto capisce la verità e si suicida gettandosi in mare per raggiungere il marito. Entrambi verranno poi trasformati in uccelli.

I nomi dei tre fratelli Morfeo, Fobetore e Fantaso non si trovano da nessuna parte prima di Ovidio e sono forse sue invenzioni letterarie; tuttavia potrebbero rifarsi a tradizioni ellenistiche di cui non ci è arrivata traccia.
Essi sono simili a ‘registi’ e ‘attori’ che creano e impersonano il sogno come se fosse un film o opera teatrale, e lo fanno vedere al dormiente.  Quando la scena è vuota, non si sogna niente. Anche i Romani, come i Greci, considerano il sogno un’esperienza visiva che arriva dall’esterno, da queste divinità; loro non dicono ‘ho fatto un sogno’, ma ‘ho visto un sogno’. 

morfeo, il dio dei sogni
Morfeo è spesso raffigurato come un giovane con ali che battono rapidamente e silenziosamente; porta sempre con sé un mazzo di papaveri con cui, sfiorando le palpebre dei dormienti, dona loro realistiche illusioni.

Le ‘smorfie’ di Morfeo

Il nome ‘Morfeo‘ deriva dal greco μορφή (‘morfé‘) che vuol dire “forma”. Ma ‘morfé’ significa anche ‘viso’, e anche ‘smorfia’. ‘Smorfia‘ è qualcosa che deforma, che fa apparire differenti.
Il Morfeo di Ovidio fa sicuramente smorfie per assomigliare ad altri. Morfeo è difatto un ingannatore; poi nel cristianesimo diventa anche lui, come molte altre divinità pagane, un diavolo, un demonio che fa smorfie per imbrogliare, per assomigliare a qualcun altro.
Da qui si arriva alla Smorfia, il libro che si consulta per avere i numeri del lotto. Quello è l’ultimo esito del dio Morfeo,
Da Morfeo deriva anche la parola ‘morfina’, farmaco (e anche droga) che fa dormire, sognare, provoca visioni. 

Le ‘porte dei sogni’

le porte dei sogni

Già Penelope nell’Odissea menziona le ‘porte dei sogni’: in effetti i sogni, questi ‘spiriti dalle ali scure’ emergono ogni notte passando attraverso due porte, una di corno e l’altra d’avorio, come uno stormo di pipistrelli:

  • Quando attraversano la porta di corno – che, se assottigliato, diventa trasparente come il velo che ricopre la verità – provocano sogni profetici di origine divina.
  • Quando attraversano la porta d’avorio – sempre opaco, anche quando ridotto a spessore minimo – provocano sogni ingannevoli o senza senso.

Anche Virgilio si occupa delle porte dei sogni: nell’Eneide le descrive nei pressi dell’Ade, da dove escono anche le Ombre dei morti quando arrivano nei sogni. Ad un certo punto Enea, per uscire dagli Inferi, passa proprio attraverso le porte dei sogni; Virgilio, curiosamente, lo fa uscire dalla porta d’avorio, la porta dei sogni falsi… Forse intende dire che tutto ciò che sta raccontando è illusorio, è una finzione. 

I sogni in alcune opere di Cicerone

Sulla divinazione (De Divinatione)

È un’opera scritta in forma di dialogo in cui Cicerone stesso e suo fratello Quinto esprimono le loro idee a proposito delle pratiche divinatorie, tra cui anche l’oniromanzia.

Cicerone ha un atteggiamento critico: se gli dèi ci dovessero ammonire, perché dovrebbero farlo mentre siamo addormentati, e non quando siamo svegli e coscienti? Perché dovrebbero affidarci messaggi oscuri, tanto da dover ricorrere ad un interprete per capirli?
Il fratello Quinto, invece, difende la divinazione onirica: lui si esprime in modo molto pragmatico, dicendo che bisogna guardare ai fatti, senza cercare di capire le cause; se la divinazione funziona, allora la si usi, senza preoccuparsi di capire perché.
Cicerone conclude assumendo una posizione critica nei confronti della superstizione, ma salva parzialmente la divinazione come pratica religiosa e politica.

L’opera tratta un tema sempre attuale ed è molto ben scritta, estremamente godibile a livello stilistico anche per il pubblico moderno.

Il sogno di Scipione (Somnium Scipionis)

È un’opera che noi conosciamo con questo titolo ma che Cicerone non chiamava così, anche perché lui l’aveva inserita come parte del De re publica (La Repubblica), il suo trattato di filosofia politica. Cicerone scrisse questo trattato per esprimere la sua ammirazione verso uomini che avevano governato Roma in passato, veri modelli di virtù, lontani dalle ambizioni personali che invece caratterizzavano i politici del suo tempo. L’opera è ricca di concetti spirituali e morali, specialmente il sesto libro, quello dedicato al Sogno di Scipione. Cicerone non lo chiama sogno ma ‘visum’, perché in effetti è più una visione.

Scipione Emiliano racconta di quando, tempo addietro, gli apparve in sogno il nonno adottivo Scipione Africano, che dall’alto dei cieli gli additò la piccolezza della terra e la conseguente futilità delle cose umane, ma nel contempo gli rivelò la ricompensa di eterna beatitudine destinata nell’aldilà alle anime di chi sulla terra si è prodigato per il bene della patria. Scipione Emiliano interviene chiedendo se il padre Paolo e tutti gli altri che vengono considerati ormai morti ancora vivano, alla quale domanda Africano risponde che sono assolutamente vivi, anche più dei mortali, perché (con un riferimento al platonismo) si sono liberati del corpo che è come un carcere per l’anima e fa notare al nipote l’arrivo dello stesso Paolo, che abbraccia e consola il figlio. Scipione Emiliano desidera abbandonare la propria vita per raggiungere quella del cielo, ma Paolo gli risponde che potrà raggiungerlo solo quando il dio a cui appartiene il cielo lo avrà liberato dal carcere del corpo.
Poi Scipione Africano illustra al nipote la meraviglia del sistema planetario; gli fa vedere che la Terra è molto piccola e che vale la pena ricercare solo la gloria celeste, perché è molto più grande rispetto a quella terrena. L’anima che si esercita nelle virtù più nobili va direttamente in cielo, mentre le anime che si danno ai vizi devono girare molti secoli intorno alla terra per purificarsi. Dopo questo insegnamento, Scipione si desta dal sonno.

Sogni e politica

Già dalle opere di Cicerone si vede quanto i sogni siano tesi ad una visione sia morale sia politica;  il bene individuale è strettamente legato al bene della città, le virtù personali sono quelle di un buon cittadino; e questo fa sì che anche il sogno sia ‘politico’. 

A Roma l’intreccio tra sogni e politica divenne sempre più stretto, tanto che ad un certo punto i sogni cominciano a essere usati deliberatamente al fine di legittimare o delegittimare i protagonisti della politica.  

Tiberio bandisce gli indovini e l’oniromanzia


L’imperatore Tiberio ad un certo punto prese la decisione di bandire gli indovini, proprio perché temeva che lo potessero danneggiare politicamente; Agrippina e Germanico, suoi nemici, congiuravano contro di lui, ed erano, tra l’altro, grandi cultori delle pratiche magiche di ispirazione orientale; avrebbero potuto servirsene proprio al fine di convincere il loro entourage a delegittimarlo e magari anche farlo uccidere.

Per precauzione Tiberio emise allora un decreto che vietava le pratiche magiche di astrologi e indovini: se cittadini romani, la pena era l’esilio; se erano stranieri, c’era la pena di morte.

Il timore di Tiberio era accresciuto anche dal fatto che queste pratiche erano molto popolari tra i ceti più bassi, e potevano facilmente essere strumentalizzate dall’opposizione per creare sommosse contro di lui.

Tiberio, da parte sua, si può dire che predicava bene e razzolava male, perché lui personalmente mostrava molto interesse nelle pratiche divinatorie ed era sempre accompagnato dall’astrologo Trasillo, che consultava ogni giorno.
Ciò è solo in apparenza contraddittorio, perché Tiberio con quel provvedimento mirava a colpire non tanto la divinazione in sé, quanto l’uso tendenzioso che potevano farne i suoi avversari; l’uso strumentale era tanto più facile quanto più quelle pratiche non erano codificate, mancavano di ufficialità.

L’oniromanzia era anch’essa compresa tra le pratiche vietate;  in effetti non si era integrata nella religione ufficiale, per cui non era soggetta ad alcuna disciplina; tutto era in mano all’arbitrarietà degli indovini laici, e il potere non aveva alcun tipo di controllo su di loro. Per tali motivi la classe dirigente e quella intellettuale ebbero un atteggiamento molto complesso e contrastante verso l’oniromanzia, misto di grande interesse e sprezzante avversione

Macrobio distingue vari tipi di sogni

 Ambrogio Teodosio Macrobio (V sec. d.C.) fu un filosofo e grammatico che visse nel periodo segnato dalla  caduta dell’Impero romano e dalla resistenza di quello bizantino. Macrobio è stato uno dei maggiori neoplatonici pagani di lingua latina;  della sua vita si sa ben poco, ma la sua opera lasciò un’impronta duratura. 

La sua riflessione sui sogni si sviluppa a partire proprio dall’analisi del Sogno di Scipione, l’opera scritta tre secoli prima dal console romano Cicerone. 

Nel suo Commento al sogno di Scipione (Commentarii in Somnium Scipionis), Macrobio fornisce informazioni sulle più importanti dottrine della religione filosofica tardo-antica, sull’esistenza del mondo intelligibile, l’immortalità dell’anima, i cicli del tempo, ecc…. Ma ciò che interessa di più a noi adesso sono le digressioni sull’interpretazione dei tipi di sogni e sulle loro rispettive capacità profetiche.

Secondo Macrobio i sogni si dividono in: 

  1. Visa (in greco ‘phantasma’): apparizioni oniriche prive di significato profetico, che si presentano nella fase di transizione fra la veglia e il sonno, quando il sognatore immagina che intorno a lui vi siano degli “spettri”.
  2. Insomnium (in greco ‘enhypnion’) l’incubo, anch’esso privo di significato profetico, riflesso di problemi emotivi o fisici. 
  3. Visio (in greco ‘horama’): il sogno profetico che diventa realtà, 
  4. Oraculum (in greco ‘chrematismos’): il sogno oracolare nel quale una persona venerata ‘parla’, rivela il futuro e dispensa consigli, 
  5. Somnium (in greco ‘oneiros’): il sogno enigmatico in cui sono presenti simboli astrusi la cui comprensione richiede l’intervento di un interprete. 

In pratica le prime due categorie elencate da Macrobio comprendono sogni influenzati solo dal presente o dal passato, senza nessuna rilevanza per il futuro. Le ultime tre categorie invece descrivono le tipologie di sogni che prefigurano il futuro; ma mentre la visio e l’oracolum sono profezie dirette che non richiedono interpretazioni perché raccontano il futuro così come avverrà, l’ultima categoria, il somnium (sogno enigmatico), richiede un interprete capace di interpretarne la simbologia. 

Questa classificazione dei sogni attuata da Macrobio fu ripresa più volte dal pensiero teologico medievale, che servì da riferimento per lungo tempo.


FONTI: 

LIBRI PER APPROFONDIRE: 

Maurizio Bettini, Viaggio nella terra dei sogni

IMG: William Ernest Reynods-Stephens