Spazi e movimenti onirici nel film ‘Stalker’ di Tarkovskij

Il film ‘Stalker‘ di Tarkovskij racconta di un difficile viaggio verso i propri desideri più veri, intimi e nascosti, un cammino incerto dove l’anima annaspa, sprofonda, si smarrisce, dove non si sa se si va avanti più per la speranza o per la disperazione. Laddove si parla di desideri, si parla di sogni; il film parla di un percorso per certi versi simile al sogno e al tempo stesso alla vita.

Il film ha inoltre i tempi, i modi e gli spazi del sogno: il suo svilupparsi riporta lo spettatore ad una dimensione molto simile a quella onirica.
C’è la scena del tunnel, un elemento tipicamente ipnagogico: molti sogni iniziano con la ‘discesa in un tunnel o cunicolo’ che porta verso “altre dimensioni”.

C’è poi la scena del ‘sogno’: i tre protagonisti si addormentano in una palude. La cinepresa inizia a ‘viaggiare’ lentamente, seguendo una specie di flusso di acqua/coscienza che pian piano si immerge nel sogno, nelle sue ipnagogie… i ‘residui’ di ricordi, pensieri, fatti, eventi in una dimensione di ‘disfacimento’ (che però può anche essere visto come “trasformazione”). Appare anche un cane nero, presenza misteriosa e silenziosa; il cane in molte tradizioni è un animale ‘psicopompo’, una specie di ‘guardiano della soglia’:

Titolo: Stalker
Regia: Andrej Tarkovskij
Lingua originale: russo
Anno: 1979
Genere: fantascienza, drammatico, metafisico

Trama (sommaria, e che non rende giustizia al film):

Il film si svolge in un’ epoca futura, in un luogo imprecisato nei pressi del quale è caduto un asteroide. Qui abita un uomo che svolge la professione di “Stalker” ovvero il suo compito è far passare le persone attraverso “la Zona“, un’area pericolosa e sorvegliata dal governo. Tuttavia molti desiderano comunque andarci perché all’interno della Zona c’è una “Stanza” che si dice esaudisca i desideri di chiunque vi entri.

Lo Stalker deve partire per una nuova missione nella Zona; la moglie cerca di dissuaderlo, gli dice di pensare a lei e alla loro figlia che è nata con dei problemi proprio in conseguenza della professione del padre; ma lui si avvia verso il bar dove due nuovi visitatori, lo Scrittore e il Professore, lo stanno aspettando. Lo Stalker li aiuta ad eludere i controlli militari e li fa arrivare nella Zona; li avvisa che la Zona esige rispetto e che devono fare esattamente come lui dice per sopravvivere ai pericoli che li attendono:

La Zona è forse… un sistema molto complesso di “trabocchetti”… E sono tutti mortali! Non so cosa succeda qui in assenza dell’uomo, ma non appena arriva qualcuno, tutto, tutto si comincia a muovere… le vecchie trappole scompaiono, ne appaiono di nuove… posti prima sicuri, diventano impraticabili: e il cammino si fa ora semplice e facile, ora intricato fino all’inverosimile. È LA ZONA! Forse a certi potrà sembrare “capricciosa”… ma in ogni momento è proprio come l’abbiamo creata noi, come il nostro stato d’animo… non vi nascondo che ci sono stati casi in cui la gente è dovuta tornare indietro a mani vuote… alcuni sono anche morti, proprio sulla porta della Stanza… Ma quello che succede non dipende dalla Zona! Dipende da noi! {lo Stalker}

Lo Stalker avanza lanciando dei dadi di metallo con una fionda, in modo da testare l’assenza di trappole.
Il Professore rimane colpito dal luogo e vorrebbe quasi rinunciare al viaggio; invece lo Scrittore esorcizza la paura esercitando il pensiero logico-razionale.

Durante il viaggio i tre uomini attraversano vari paesaggi: una macchia, una palude, un temibile tunnel, un deserto sabbioso. Lo Scrittore dice di essersi spinto fin lì dalla paura di perdere l’ispirazione; il Professore dice che vorrebbe vincere il premio Nobel; lo Stalker invece afferma che il suo unico scopo e la sua felicità consiste nel condurre le persone alla realizzazione dei loro desideri.
Quando sono ormai prossimi alla loro meta, il Professore rivela le sue vere intenzioni: ha portato con sé una bomba con cui intende distruggere la Stanza per impedire che altri uomini la usino per scopi malvagi. Lo Stalker lo ferma e riesce a convincerlo a non farlo.
Lo Scrittore nel frattempo non si sente più tanto sicuro di ciò che desidera veramente.

( ___ ATTENZIONE SPOILER ___)
(… Ammesso che un film come questo possa avere uno spoiler!…)


Lo Scrittore e il Professore si trovano entrambi alla soglia della Stanza, ma infine nessuno dei due si decide ad entrare.
I tre uomini tornano così al bar in cui si erano incontrati, e qui lo Stalker trova la moglie e la figlia che lo stanno aspettando.

Una volta tornato a casa, lo Stalker cade in uno stato di profondo abbattimento; è deluso perché vede che l’umanità ha perso la fede e le convinzioni necessarie sia per attraversare la Zona che per vivere una buona vita. Mentre lo Stalker dorme, sua moglie in un monologo racconta la loro relazione, e conclude dicendo che, nonostante le difficoltà, non si è mai pentita di stargli accanto.

Nell’ultima scena, Martyshka, la figlia della coppia, siede da sola in cucina a leggere una poesia d’amore di Fyodor Tyutchev. Poi appoggia la testa sul tavolo e sembra usare la psicocinesi per spingere tre bicchieri; uno cade per terra; si sente il rumore di un treno che passa, e l’intero appartamento trema.

La Zona non simboleggia nulla: la Zona è la Zona, la Zona è la vita. Attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste.
{Andrej Tarkovskij}

Il lancio dei dadi come immagine del ‘procedere per intuizioni’


In ‘Stalker’ il regista mette in atto l’idea molto particolare dell’avanzamento lanciando dei dadi con un nastro, a mo’ di fionda; ciò serve a testare l’assenza di trabocchetti e a stabilire di volta in volta la direzione da prendere in uno spazio ignoto, mutevole, e quasi ‘vivo’, con regole tutte sue. In uno spazio simile bisogna mettere da parte l’idea di andare ‘dritti alla meta’:

Professore: E questa stanza è lontana?
Stalker: In linea retta un 200 metri ma qui, purtroppo, vie dirette non ce ne sono….
Noi non ci andremo direttamente. Dobbiamo fare il giro.. Nella Zona la strada diretta non è la più corta. Più si allunga e meno si rischia.

Si deve andare avanti in modo non lineare, seguendo i moti dell’anima, procedendo per intuizioni, mettendo in gioco se stessi. Ne risulta, visivamente, un percorso a zig zag, tanto illogico quanto l’unico possibile nella dimensione dello spirito.

Nei sogni questi moti dell’anima hanno un andamento simile, anche se di norma non si esprimono in orizzontale, ma piuttosto in verticale, quando ad esempio si deve salire una montagna, scalare una parete rocciosa, con il rischio di cadere, ecc. Perciò è come se il regista avesse adattato ad uno spazio orizzontale la tensione che nei sogni si esprime in verticale.

Riporto uno scambio di messaggi con il regista Federico Iris Osmo Tinelli a proposito di questo film:

[Federico]: Guardati il film Stalker di Tarkowskij e poi devi dire cosa egli forzò rispetto a come andrebbe messa in scena quella trama/concetto nel mondo onirico.

[Fiorelisa]: Ho visto il film! ^^
La cosa che tu vedi forzata si riferisce ad un momento della scena in cui loro sono addormentati nella palude? Oppure ti riferisci ad un concetto del film?

[Federico ]: Concetto; direi concetto d spazio.

[Fiorelisa]: Aaaah….. Allora ci devo pensare! ^^ Perché il film è lungo e ci sono tanti concetti e spazi…. Il primo che mi viene in mente ora è il tunnel, il più diciamo ‘ovvio’, come immagine onirica.
Però non mi pare ‘sbagliato’, o forzato… mi pare ‘giusto’! ^^

[Federico]: Te lo dico.
Da un po’ di tempo capii che l’arte necessiti un suo tempo. Un tempo che per certi versi si può definire snervante… un tempo lento. Questo tempo risulta cadenzato dalle intuizioni.
Il percorso si “tende” verso una meta; ma tra dove t trovi e la meta non esiste un percorso chiaro, tracciato… Devi procedere appunto per intuizioni; sai che arriverai ma non sai precisamente quando.
Nel film d Tarkowskij esiste questa intuizione di lanciare un dado con filo e camminare fino a dove ti porta. Nel senso, un passo alla volta; non si può procedere per direttissima, devi per forza assecondare quel modo, quel ritmo.
Fino a qui tutto chiaro?

[Fiorelisa]: Sììì! ^^


[Federico]: Ok. Ora spiego qual è secondo me la forzatura, rispetto alla mia esperienza di ciò nel mondo onirico; e secondo me però non riguarda solo me, perché quando io faccio i corsi d teatro ai ragazzi, chiedo sempre “Quanti di voi sognano di cadere…”, e di solito alzano la mano circa 60%…
Ora appunto, nella mia esperienza, quando il sogno vuole mettere in scena quell’Andamento, l’andamento dell’arte, o dell’anima, lo mette in verticale.
Nel film quella “vertigine” in qualche modo esiste, ma non è strettamente fisica, mentre nel sogno la senti proprio fisica, con la paura d precipitare. Davanti a te t trovi nella necessità d fare un percorso non chiaro, la montagna… mentre sotto d te vedi il percorso fatto… Quindi paradossalmente quasi vivi la vertigine del percorso fatto; precipitare vuol dire come ricominciare da capo o cmq allontanarti dalla meta.
Questo può accadere per due ragioni: ansia temporanea, o perché fai un “approfondimento” temporaneo, che ti obbliga ad allungare il viaggio, prima della meta.
Quindi questa secondo me in Stalker resta la grande forzatura, rispetto al mondo onirico.
Penso che la cosa meglio rappresentata in assoluto, più d qualsiasi altro film, resti questo andamento per intuizioni, rappresentato dal lancio del bullone con filo… puoi arrivare solo lì, un passo alla volta, prima del lancio successivo, non esistono scorciatoie, né jumbo-jet, nell’arte.. e nell’anima.
Ma appunto nella mia esperienza, siccome questo richiede una sottile ansia, il sogno la mette in scena verticalmente.
Che in montagna equivale a piantare il picchetto, agganciare il moschettone, metterci il filo, procedere in sicurezza; quindi se guardi da lontano, vedi lo scalatore che sotto lascia “la traccia” (l’opera, in corso d’opera) mentre sopra la sua testa tutta la montagna…

[Fiorelisa]: Vero… Non avevo pensato alla metafora ‘lancio del dado’ = ‘procedere per intuizioni’.
Quindi il film esprime in orizzontale ciò che in un sogno sarebbe espresso da un movimento in verticale…. il cadere (o salire).

[Federico]: Secondo me sì; infatti i protagonisti sovente si trovano sdraiati… Bisognerebbe verticalizzare il film.

[Fiorelisa]: Vero, si potrebbe ‘verticalizzare il film’.
Mi sembra che anche nel tuo film Poltergeist c’è l’immagine della caduta… nei ‘buchi’… come varie possibilità… Se ben ricordo!

[Federico]: Sì. Per esempio io mi ritengo piuttosto ossessionato dalle torri gemelle… penso sempre, gettarsi nel fuoco o gettarsi nel vuoto?

[Fiorelisa]: Poi anche in astronomia c’è l’immagine dei ‘tunnel spazio-temporali’, che dovrebbero unire vari ‘punti’ dell’universo.

[Federico]: Chissà se esistono… forse sì; spiegherebbe molte cose.
Tarkowskij non necessitava di nulla per farti percepire come fantascientifica la natura stessa… aliena e misteriosa d per sé.

[Fiorelisa]: Sì…! Tra l’altro, mi ha colpito la presenza del cane; e le scene con i pesci; e l’acqua, tutte le sue forme.

[Federico]: acqua sempre presente in abbondanza in Tarkowskij.


Federico è un regista sempre molto attento alla dimensione onirica, e spesso mi fornisce ottimi spunti di riflessione.
Ha un canale Youtube in cui è possibile vedere una selezione della sua attività di regia.
Qui invece un portfolio con alcuni suoi disegni.


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