Sonno e memoria: fissazione dei ricordi e apprendimento nel sonno

Non possiamo ricordare tutto: il sonno non solo ci aiuta a ricordare ma ci aiuta anche a dimenticare; durante il sonno l’intera giornata viene passata velocemente in rassegna e si decide quali esperienze debbano essere eliminate perché non utili e quali invece debbano essere conservate e fissate in memoria. Succede una specie di ‘potatura’; Infatti si chiama proprio pruning (in inglese significa ‘potatura’) sinaptico: le sinapsi si riducono al fine di eliminare certi ricordi meno importanti e consolidarne altri più importanti.

Un buon sonno ci aiuta a memorizzare informazioni, dati, percorsi, ecc

il sonno serve anche per imparare e la ricerca sta lavorando moltissimo per implementare delle tecniche di apprendimento durante il sonno.

Quando parliamo del ruolo del sonno per l’apprendimento, ci si chiede: ma è davvero così importante dormire per imparare? 

Bisogna distinguere tra sonno prima di imparare e sonno dopo aver imparato. 

Sonno prima di imparare

1896, studio di Patrick e Gilbert: si rendono conto che dopo una notte di privazione totale di sonno, le persone hanno difficoltà ad imparare. 

Oggi abbiamo conoscenze più approfondite e sappiamo che privarsi del sonno, e in particolare del sonno profondo ad onde lente (fase 3, prevalente nella prima metà della notte) comporta la riduzione dell’attivazione dell’ippocampo, che ha un ruolo fondamentale per la codifica e il consolidamento delle memorie. 

L’invecchiamento fisiologico comporta un processo di atrofizzazione della corteccia (perde spessore e volume); ciò si accompagna ad una riduzione del sonno profondo, e di conseguenza ad un peggioramento della memoria (non si riesce a memorizzare bene e velocemente come quando si era giovani).

CONCLUSIONE: un sonno profondo e continuo è necessario a far sì che il nostro cervello apprenda. 

Sonno dopo aver imparato

1924: due ricercatori americani, Jenkins e Dallenbach hanno messo in evidenza che se ad un gruppo di soggetti viene ordinato di imparare una lista di parole, quelli che non hanno potuto dormire prima di memorizzarla hanno una prestazione molto migliore rispetto a quelli che non hanno potuto dormire dopo averla memorizzata.

Questo ‘effetto sonno’ era legato, secondo loro, al fatto che il sonno protegge da altre tracce provenienti dall’ambiente. Invece ora si ritiene che nel sonno avvengano dei processi attivi che consentono di memorizzare meglio. 

Gli esperimenti hanno evidenziato che:

  • Il sonno è fondamentale per il consolidamento delle memorie spaziali; si riconoscono meglio le sequenze dei luoghi e dei percorsi per orientarsi in una città virtuale. 
  • Dormire nella prima metà della notte (con prevalenza di sonno ad onde lente) migliora le prestazioni della memoria dichiarativa, ovvero quella relativa a dati, fatti, eventi raccontabili a parole, che ad esempio impariamo dai libri, o che ci vengono raccontate, o che sperimentiamo con i sensi. Anche un breve sonnellino basta ad ottenere un miglioramento in un test di memorizzazione di una lista di parole.
  • Il sonno REM comporta un miglioramento della memoria procedurale, cioè relativa a procedure per fare le cose (e che poi, una volta apprese, si applicano automaticamente, senza pensare: ad esempio suonare uno strumento, guidare, allacciarsi le scarpe, ecc); se viene impedito il sonno REM, si hanno risultati peggiori nei test rispetto a chi ha potuto dormire fino ad arrivare alla fase REM; anche un sonnellino di 90 minuti può essere sufficiente per riscontrare un miglioramento, purché si raggiunga la fase REM.
  • È di importanza cruciale la prima notte post-apprendimento.
  • Secondo alcuni studi, il beneficio del sonno per il consolidamento dell’apprendimento potrebbe essere cumulativo: se il soggetto dorme indisturbato una notte dopo l’altra, migliora sempre più.

CONCLUSIONE: Dormire dopo aver appreso qualcosa di nuovo è molto importante perché il sonno consente al cervello di consolidare le memorie.

Perché il sonno aiuta la memoria?

Perché nel sonno si attivano dei meccanismi che stabilizzano, rinforzano potenziano le tracce mnestiche messe in atto nella veglia. I ricordi vengono trasferiti dal magazzino della memoria a breve termine (quello ippocampale) al magazzino della memoria a lungo termine (aree corticali) dove rimarranno per sempre.
Il sonno è un momento ideale perché ciò avvenga, perché il cervello è offline, disconnesso dall’ambiente esterno; non è distratto da stimoli e può lavorare su quanto appreso in veglia. 

ippocampo, la sua posizione nel cervello umano; visione laterale e da dietro
Gli ippocampi (sono due, uno per lato) nel cervello umano, visione di lato e da dietro; gli ippocampi si chiamano così perché la loro forma è simile a quella di un cavalluccio marino. L’ippocampo può essere considerato come uno “spazio di memoria a breve termine‘; se danneggiato, può comportare problemi di memoria.

Il sonno ad onde lente (SWS) è fondamentale per questo trasferimento.
Ci sono oscillazioni nell’ippocampo (complessi K), nel talamo (fusi del sonno) e nella corteccia (onde lente, onde theta) che sembrano essere alla base di questo trasferimento di informazioni e fissazione dei ricordi.
Le onde lente danno il via alla riattivazione o replay neuronale: nei test di memoria spaziale dei luoghi si è visto che le strutture neurali coinvolte nel processo di apprendimento in veglia si riattivano durante il periodo di sonno successivo.

Anche i sogni riattivano e fissano i ricordi

C’è la possibilità che vi sia un replay anche durante l’attività onirica. 

Nei test di orientamento spaziale, i soggetti che hanno sognato alcuni luoghi in cui si erano mossi durante la veglia pre-sonno, avevano prestazioni molto migliori di quelli che non li avevano incorporati in sogno.
Nei sogni si ripete quanto appena appreso, e in questo modo lo si fissa in modo definitivo.

La fase REM, quella in cui si sogna di più e si fanno i sogni più vividi, è molto importante per la memoria.

La fase REM fa riemergere ricordi lontani e significativi, integra l’esperienza recente con quella passata, vivifica i ricordi e li rafforza dandogli nuovo significato.

Quando una persona perde il sonno REM una notte, la notte successiva lo recupera facendo fasi REM più lunghe del normale (REM rebound). Gli animali privati del solo sonno REM presentano molti sintomi uguali a quelli degli animali che non dormono affatto, anche se la velocità del deterioramento è inferiore.

Negli esprimenti con animali si è visto che la privazione di sonno REM influisce negativamente sull’apprendimento di alcuni compiti e non di altri. Se il compito è importante per la sopravvivenza, non viene intaccato (esperimenti con i ratti nel labirinto e con gli uccelli canterini).

Nell’uomo il sonno REM è necessario soprattutto per l’apprendimento di compiti intellettuali e di tipo procedurale relativi a capacità motorie e percettive; forse è per questo che i nascituri e neonati hanno un sonno REM molto abbondante (stanno imparando a controllare tutti i loro movimenti).

Dormire aiuta ad imparare

Basta una notte di sonno insufficiente per avere un calo nella capacità di ricordare nozioni apprese il giorno prima. Chi ha dormito bene ottiene punteggi più alti nei test mnemonici, spaziali e cognitivi che si riferiscono ad abilità e nozioni apprese il giorno precedente.
La privazione di sonno comporta vuoti di memoria e voti scolastici insoddisfacenti.

Quando si sta imparando qualcosa di nuovo, è utile:

  • Dormirci su per fissarlo meglio in memoria. Anche la meditazione e la trance possono favorire il processo, perché anche in questi stati si producono le onde theta.
  • Ripetere mentalmente una lezione prima di dormire aiuta molto. 
  • Riascoltarlo mentre si dorme: ad esempio, ascoltare registrazioni in lingua straniera aiuta a fissare vocabolario e pronuncia in memoria, meglio di quando ci si sforza di memorizzarli da svegli.


FONTE:
https://youtu.be/XMN6K2QqeU8

IMG: Tilixia, Wikimedia

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