Gli strumenti per studiare il sonno

Solo in anni recenti è stato possibile compiere uno studio scientifico sul sonno; in effetti si è dovuto aspettare che comparissero gli strumenti adatti a svolgere  un’analisi in laboratorio su una persona addormentata; erano necessari strumenti e tecnologie moderne, che permettessero di  compiere delle misurazioni utili a comprendere cosa avviene nel nostro corpo e nel nostro cervello mentre dormiamo.

Uno strumento fondamentale per lo studio del sonno è l’elettroencefalografo, da cui ricaviamo l’elettroencefalogramma (EEG). Fu inventato nel 1924 da Hans Berger, uno psichiatra tedesco interessato alla telepatia, che creò questo strumento proprio per registrare l’attività elettrica emessa dal cervello. L’EEG permette di registrare l’attività elettrica cerebrale con degli elettrodi applicati sulla superficie del cranio. Il tracciato, formato da onde di frequenza e ampiezza diverse, mostra in quali aree cerebrali l’attività elettrica è presente o alterata. 

Si provò quindi a fare un elettroencefalogramma a persone addormentate, e si vide che anche nel sonno il cervello produce attività elettrica; in questo modo si è capito che il sonno non è un fenomeno passivo. 

L’EEG è ancora lo strumento cardine della polisonnografia; tramite esso si distinguono le 3 fasi non REM del sonno. Se non fosse stato scoperto il REM, sarebbe bastato l’EEG. Ma il REM non si può riconoscere dal solo EEG, è necessario rilevare l’assenza di tono muscolare + i movimenti oculari rapidi; per fare ciò, occorre applicare dei sensori anche agli occhi, e anche ai muscoli.


Per uno studio completo di tutte le fasi del sonno sono quindi necessari questi 3 tracciati: 

  • EEG: elettroencefalogramma
  • EMG: elettromiogramma
  • OOG: elettrooculugramma

Il poligrafo


Il poligrafo (letteralmente ‘che scrive tante cose’) è uno speciale apparecchio che consente di svolgere non una, ma varie misurazioni fisiologiche, producendo dei tracciati che ne registrano le variazioni in un arco di tempo anche abbastanza lungo.

Il poligrafo fu inventato negli anni ‘30 da due psichiatri americani come strumento che doveva servire da ‘macchina della verità’: la polizia lo usava per rilevare, tramite gli appositi sensori, una serie di parametri fisiologici di base: pressione arteriosa, pulsazioni, sudorazione, secchezza delle fauci, ecc, Quando dovevano interrogare qualcuno, questo macchinario poteva dare un’idea del quadro emotivo della persona, utile per capire se stava mentendo o se era sincera. 

Ad un certo punto il poligrafo fu ritenuto non molto affidabile come macchina della verità, ma, tramite qualche modifica, fu convertito ad un uso medico. A partire dagli anni ‘50, Nathaniel Kleitman, uno scienziato che si stava dedicando allo studio del sonno e dei ritrmi circadiani, ebbe l’idea di impiegare il poligrafo per monitorare le persone addormentate:  mentre dormivano nel suo laboratorio, il poligrafo registrava l’attività elettrica a livello cerebrale, oculare e muscolare, 

Fu in questo modo che Eugene Aserinsky, il giovane assistente di laboratorio di Nathaniel Kleitman, poté scoprire l’esistenza del sonno REM, dando impulso a tutta una serie di ulteriori studi e ricerche sul sonno.

Polisonnografia

La polisonnografia è l’evoluzione moderna del poligrafo, e si usa molto anche a scopo diagnostico; quando una persona non riesce a dormire bene, il medico può prescrivere la polisonnografia per capire di quale disturbo del sonno soffra esattamente. È un esame molto accurato che consente di registrare tutte le variabili fisiologiche delle diverse fasi del sonno; tramite appositi sensori, raccoglie dati sull’attività cardio-respiratoria, motoria e neurologica del dormiente;  ciò che succede nel sonno di una persona non avrà più segreti. 

Per monitorare l’attività cerebrale è necessario applicare degli elettrodi sul cuoio capelluto, fissati in modo che non si stacchino con i movimenti. Tuttavia non sempre è necessario applicarli, dipende dal quesito diagnostico; ad esempio, se la persona manifesta un problema respiratorio, non è necessario monitorare l’attività cerebrale; in caso di disturbi di altro tipo, invece, il medico può decidere di eseguire la polisonnografia completa.

In certi casi è anche possibile fare l’esame a casa: un tecnico porta la strumentazione e prepara il paziente, programmando l’accensione e lo spegnimento dell’apparecchiatura. In questo modo si evita uno stress alla persona, che può così dormire nel proprio letto.

Video che mostra un paziente che si prepara per una polisonnografia nel Laboratorio del Sonno all’Università di Roma Sapienza

Actigrafia

L’actigrafia è un altro esame che consente di monitorare il sonno, più semplice della polisonnografia, poiché non richiede l’applicazione di elettrodi o sensori. 

 L’actigrafo è un semplice bracciale che viene indossato al polso solitamente per più giorni, e  permette di registrare vari dati: presenza o assenza di movimento nel corso delle 24 ore, temperatura corporea periferica, livelli di rumore e di luce circostanti. In questo modo consente di raccogliere informazioni sui ritmi di sonno e veglia e anche sull’ambiente dove si dorme.

Questo esame a partire dagli anni ‘90 ha preso molto piede nella ricerca perché consente di raccogliere dati su gruppi di persone in modo semplice e poco costoso.
Anche nella diagnostica può essere indicato; il medico può prescriverlo inizialmente per avere dei dati che rivelano il cronotipo e l’eventuale presenza di disturbi circadiani, insonnia, sonnolenza diurna; poi se è necessario approfondire, prescrive anche la polisonnografia.

Altri esami utili nello studio dell’attività cerebrale durante il sonno

Questi esami sono impiegati nell’ambito della ricerca, per raccogliere informazioni sull’attività cerebrale durante il sonno. Il cervello non si spegne mai completamente durante il sonno: È stato osservato che l’attività mentale è presente durante tutte le fasi del sonno, sebbene da diverse regioni del cervello.
Comprendere quali siano le parti del cervello che si attivano durante il sonno è molto importante per capire meglio cosa succede mentre dormiamo e a cosa serve il sonno.

La tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), permettono di individuare le regioni metabolicamente più attive del cervello. Quando un’area del cervello è attiva, infatti, le cellule hanno bisogno di più nutrienti e quindi di un maggior apporto di ossigeno e glucosio. 

La magnetoencefalografia (MEG) è una tecnica di neuroimaging utilizzata per mappare l’attività funzionale cerebrale mediante la misurazione dei campi magnetici prodotti dall’attività elettrica dell’encefalo.

L’uso di modalità di imaging come PET, fMRI e MEG, in combinazione con registrazioni EEG, fornisce un indizio su quali regioni del cervello partecipano alla creazione dei segnali d’onda caratteristici dei tracciati nelle varie fasi del sonno, e permette di fare ipotesi su quali potrebbero essere le loro funzioni.

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