A partire dalla scoperta del sonno REM (anno 1953) nel corso del tempo e con l’avanzare degli studi sono state formulate varie teorie che cercano di spiegare come avvenga la formazione dei sogni da un punto di vista neuro-bio-fisiologico.
In questo articolo ho riassunto le teorie più famose, formulate da importanti scienziati e studiosi dei sogni; attualmente nessuna di esse è definitiva, ma in ognuna potrebbe esserci una parte di verità.
Quello dei sogni è in effetti un ambito di ricerca molto complesso ed è da relativamente poco tempo che si dispone degli strumenti per indagare cosa succede nel cervello durante il sonno e i sogni.
Teoria dell’attivazione-sintesi di Hobson e McCarley
Alla fine degli anni ‘70 John Allan Hobson e Robert McCarley, due psichiatri americani che si erano dedicati allo studio del sonno REM, formularono una teoria neurobiologica dei sogni che ebbe molto rilievo: secondo questa teoria, i sogni vengono generati a partire dal ponte, una zona che si trova nel tronco encefalico; il ponte durante la fase REM scarica una serie di impulsi nervosi, le onde PGO ( ovvero onde ponto-geniculo-occipitali). Le onde PGO attivano casualmente alcune cellule della corteccia cerebrale, generando varie immagini e sensazioni che poi il cervello “sintetizza” cercando di attribuire un significato a questi frammenti.
Questa teoria al tempo fece molto scalpore, anche perché veniva messa in contrapposizione con le teorie psicanalitiche di Freud. Hobson, pur ritenendo che il modello psicanalitico freudiano fosse errato e fuorviante, non escludeva la possibilità di una lettura dei sogni in chiave psicologica.
Quando, con il passare del tempo, emersero sempre più evidenze che il sogno si può produrre anche all’infuori della fase REM , si comprese che, pur restando vere le osservazioni sulla formazione della fase REM, questa teoria non era idonea a spiegare la formazione dei sogni.
Negli anni più recenti Hobson ha elaborato altre teorie sui sogni all’interno degli studi sulla coscienza: il modello AIM e la teoria della protocoscienza.
Teoria del ‘reverse learning’ (apprendimento inverso), di Crick-Mitchinson
Questa teoria fu elaborata nel 1983 dal biologo inglese Francis Crick e dal matematico scozzese Graeme Mitchinson, già famosi per aver scoperto la struttura a doppia elica del DNA. Secondo loro i sogni sono come le operazioni di pulizia dei computer quando è offline; durante la fase REM, il cervello rimuove (sopprimendo) informazioni superflue e connessioni sinaptiche sbagliate; questa attività di pulizia è necessaria per liberare spazio e accogliere le nuove informazioni.
Secondo questa teoria i sogni non hanno significato né manifesto né recondito, servono solo come ‘spazzini’. Appaiono così bizzarri perché derivano da un’attività casuale dei neuroni; sono solo frammenti di memoria montati a caso. Sforzarsi di ricordarli sarebbe addirittura sconsigliabile perché si tratta di informazioni-spazzatura.
Per quanto ingegnosa, la teoria di Crick non regge di fronte al fatto che è possibile fare sogni ricorrenti per molte notti; sarebbe impossibile che schemi così complessi si ripetessero in modo identico, se fosse solo opera del caso.
Tuttavia è vero che il cervello durante il sonno si ‘ripulisce’ da scorie dannose per la salute cerebrale e anche i sogni contribuiscono a rinforzare certi ricordi e ad eliminarne altri.
L’ipotesi ‘di continuità’
Rappresenta, insieme alla teoria di attivazione-sintesi, uno dei principali quadri teorici sul sogno; all’inizio degli anni ’70, Bell e Hall ( 1971 ) proposero per primi che le esperienze da svegli potessero avere continuità nel sogno.
Secondo questa ipotesi, c’è una certa ‘continuità’ tra ciò che si fa durante la veglia e ciò che si sogna: le esperienze oniriche sarebbero la ‘continuazione’ delle esperienze vissute da svegli, durante la giornata, o prima di dormire.
Inoltre c’è una ‘continuità’ anche nel modo in cui il cervello funziona: se durante il sogno si fanno certe attività, il cervello tende a funzionare come quando svolge quelle attività nella veglia.
Questa ipotesi riceve supporto da diversi studi.
Modello AIM
È un modello cognitivo del sonno, messo a punto da Hobson, Stickgold e Pace-Schott, a partire dal 1998; spiega le differenze tra sogno e veglia da un punto di vista neuropsicologico.
Secondo il modello AIM tutti gli stati di coscienza a livello neurofisiologico possono essere individuati in base a tre processi interdipendenti:
- il livello di attivazione cerebrale (A);
- l’origine degli input (I) alle aree attivate:
- i livelli di attivazione di neuromodulatori aminergici e colinergici.
Tutti gli stati coscienti sono descrivibili come punti di uno spazio tridimensionale con assi A, I, M. Anche il sogno secondo questo modello è uno stato cosciente, e può essere descritto secondo questi parametri.
Teoria della protocoscienza
Secondo questa teoria elaborata da Hobson, il sogno è l’esempio più immediato di quella che si può definire ‘protocoscienza’ o ‘coscienza primaria’, uno stadio di coscienza relativamente più primitivo che si sviluppa prima in termini sia evolutivi che ontologici. Sia nell’essere umano che negli animali, la protocoscienza ha un ruolo importante nel supervisionare e organizzare la crescita intricatamente complessa dell’individuo, dallo zigote al feto, attraverso i trimestri in utero e dopo il parto.
In modo analogo, nei sogni il nostro cervello si prepara alla coscienza durante la fase REM, utilizzando la sua rappresentazione interna del mondo quotidiano; è come se generasse una sorta di ‘realtà virtuale’ che simula la realtà della veglia. Per questo motivo è possibile che, mentre stiamo ancora sognando, vediamo scene e ambienti che possono essere uguali a quelli della nostra vita quotidiana.
FONTI e APPROFONDIMENTI:
- https://en.wikipedia.org/wiki/Allan_Hobson
- https://en.wikipedia.org/wiki/Activation-synthesis_hypothesis
- https://en.wikipedia.org/wiki/Reverse_learning
IMG: kjpargeter; Wikimedia
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