Studi sui tracciati cerebrali (EEG) in relazione ai sogni

L’osservazione dei tracciati cerebrali compiuta tramite l’elettroencefalogramma (EEG) può dirci molte cose su ciò che succede nel cervello quando sogniamo. Studi recenti hanno messo in luce che il cervello inizia a ‘preparare’ l’attività onirica attivandosi dalle “zone posteriori” (quelle situate sulla nuca, più ‘antiche’ dal punto di vista evolutivo) verso le “anteriori” (quelle sulla fronte, le più recenti ed ‘evolute’).

Cervello che sogna e registrazione onde cerebrali (eeg)
Studi recenti sui tracciati cerebrali hanno permesso di capire quando una persona sta sognando e talvolta è possibile anche riuscire a capire cosa sta sognando, a grandi linee.

EEG e ricordi dei sogni

Monitorando l’attività cerebrale delle persone addormentate, si è visto che: 

  • Quando si risvegliano dal sonno REM, ricordano più sogni quando si riscontra una maggiore presenza di onde theta nella regione frontale,
  • Quando si risvegliano dal sonno non REM: ricordano più sogni quando si riscontra una minore presenza di onde alfa nella regione parieto-occipitale. 

Poiché le oscillazioni theta e alfa sono associate ai processi di memoria durante la veglia, questi risultati suggeriscono che la veglia e il sonno condividono gli stessi meccanismi neurobiologici per l’elaborazione dei ricordi episodici.

In uno studio che ha confrontato un gruppo di anziani normali con un gruppo di giovani, si è visto che gli anziani che presentano una minore attività di alfa e theta e ricordano meno i sogni. Quindi confermano l’idea che maggiore è la presenza di alfa e theta, più si è in grado di ricordare i sogni.  

Si è visto anche che, in generale, sia al risveglio del sonno REM che al risveglio del sonno non REM, il ricordo dei sogni è più facile se il tracciato EEG presenta meno onde delta.

Quindi, schematizzando: 

– attività delta = + ricordo dei sogni
+ attività delta =  –  ricordo di sogni

Questo schema è stato confermato anche studiando i narcolettici, che si addormentano varie volte al giorno e che quindi sono utili a queste osservazioni sperimentali.

Queste osservazioni sono coerenti con i modelli teorici di “attivazione”, che postulano che il ricordo dei sogni sarebbe facilitato da un maggiore livello di attivazione cerebrale durante il sonno.

Le onde PGO e i sogni

Le onde ponto-geniculo-occipitali o onde PGO sono forme d’onda che iniziano come impulsi elettrici dal ponte, quindi si spostano verso il nucleo genicolato laterale che risiede ne talamo e terminano nella corteccia visiva primaria del lobo occipitale. Iniziano ad apparire in corrispondenza del  sonno REM, sebbene siano state registrate anche durante la veglia. Si teorizza che siano strettamente coinvolte con il movimento degli occhi nel sogno REM e in certe circostanze della veglia. Le onde PGO sono state osservate soprattutto negli animali (gatti, topi), ma ci sono anche nell’uomo.

  • La densità delle onde PGO coincide con la quantità di movimenti oculari misurata nel sonno REM. 
  • La maggior quantità di onde PGO si traduce in periodi più lunghi di sonno REM; forse ciò avviene per consentire al cervello di avere periodi più lunghi per formare le connessioni neuronali.

Le onde PGO hanno importanza nel quadro della teoria di attivazione-sintesi di Hobson; si teorizza che durante il sonno REM le onde PGO siano i segnali che fanno iniziare al cervello il lavori di recupero delle esperienze del giorno precedente. Questo, a sua volta, ci permette di “vedere” i nostri sogni poiché il nostro senso visivo sta rapidamente esaminando le informazioni che ha immagazzinato.

EEG e sogni lucidi

i sogni lucidi (sogni in cui sappiamo di stare sognando) appaiono associati a una maggiore attività EEG gamma. Inoltre una stimolazione transcranica gamma durante il sonno REM può aumentare la consapevolezza autoriflessiva nei sogni e favorire la comparsa della lucidità.

La zona calda corticale posteriore

Nel 2017 uno studio di Giulio Tononi portato avanti con la tecnica dell’elettroencefalografia ad alta densità ha messo in evidenza che durante entrambe le forme di sonno (sia REM sia non REM) il sogno era associato a una diminuzione delle onde delta in particolare all’interno di una precisa regione del lobo occipitale, denominata zona calda corticale posteriore (posterior cortical hot zone).
L’attività onirica era associata anche a un incremento dell’attività ad alta frequenza, che inizia nella stessa zona calda corticale posteriore e si estende poi verso le regioni frontale e temporale (sia in REM sia in non REM). Questa zona calda corticale si sovrappone in parte alla giunzione PTO (temporo-parieto-occipitale) già individuata da Mark Solms come zona che, se danneggiata, causa la scomparsa dell’attività onirica.

Osservando l’attivazione di questa ‘zona calda corticale posteriore’, i ricercatori sono riusciti a predire quando una persona stava sognando oppure no nell’87% dei casi.

Immagini dallo studio di Giulio Tononi sulla zona calda corticale posteriore
Immagini tratte dallo studio di Tononi (2017) sulla zona calda corticale posteriore

Conferme all’ipotesi di continuità

Lo stesso studio di Tononi ha anche potuto appurare che quando i dormienti sognavano certi contenuti (visione di volti, compiere dei movimenti, udire qualcuno parlare), si attivavano esattamente le stesse zone che anche durante la veglia si attiverebbero durante quelle esperienze. Questo conferma l’ipotesi di continuità tra sogno e veglia, ovvero l’idea che il cervello si comporti nei sogni in modo analogo a come si comporta durante la veglia. 

Molti altri studi  sembrano confermare l’ipotesi di continuità tra sonno e veglia, mettendo in luce l’esistenza di meccanismi condivisi tra il cervello sveglio e addormentato dal punto di vista sia psicologico che neurobiologico: 

  • Continuità tra i contenuti del sogno e gli eventi della veglia, le preoccupazioni personali, i pensieri, i comportamenti e le emozioni, suggerendo che le esperienze della vita da svegli si riflettono nei sogni successivi.
  • Continuità tra il sogno e l’elaborazione emotiva:  i principali circuiti cerebrali coinvolti nell’elaborazione emotiva durante la veglia sono altamente attivati ​​durante il sonno REM. L’attività onirica potrebbe quindi avere un ruolo cruciale nell’elaborazione di eventi emotivi vissuti durante la veglia.
  • Se si forniscono certi stimoli sensoriali prima o durante il sonno, il cervello risponde creando sogni più vividi e coerenti con la stimolazione ricevuta; si è anche visto che stimolazioni olfattive sono particolarmente in grado di rivitalizzare ricordi emotivi durante il sogno;  Il forte effetto di odori e profumi sugli aspetti emotivi del sogno è interpretato in termini di collegamenti diretti con il sistema limbico.
  • Provando a manipolare l’attività onirica attraverso tecniche di elettrostimolazione transcranica, si è visto che quando si vanno a stimolare le aree corticali che sono notevolmente coinvolte in una funzione specifica durante la veglia, nei sogni si sono verificate quelle specifiche situazioni.

FONTI E APPROFONDIMENTI: 

IMG: kjpargeter; estrapolate dallo studio di Tononi et al.

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